CAPITOLO 14
Strategie globali e imprese multinazionali.
Internazionalizzazione: è la forza che più potentemente può modificare l’ambiente competitivo delle imprese. Procede attraverso 2 meccanismi:
Commercio internazionale: penetrazione delle importazioni in tutti i paesi o quasi.
Investimenti diretti esteri: (IDE) .
Ciò che ha permesso l’industrializzazione sono i tentativi di sfruttare le possibilità offerte dai mercati esteri e il desiderio di sfruttare opportunità produttive attraverso l’individuazione di attività che potrebbero essere gestite più efficientemente.
Conseguenza di questo processo è la globalizzazione dell’attività economica.
1. concorrenza internazionale e analisi di settore.
Vari modelli di internazionalizzazione:
Settori protetti: dimensioni nazionali, addirittura locali a volte (banche, assicurazioni, telecomunicazioni…), anch’essi hanno intrapreso un processo di internazionalizzazione.
Settori internazionali: l’internazionalizzazione si manifesta attraverso le importazioni e le esportazioni. Se un prodotto è trasportabile, è il modo più efficace per entrare nei mercati stranieri.
Settori multidomestici: si internazionalizzano attraverso l’investimento diretto, o perché il commercio non è praticabile, o perché i prodotti sono differenziati a livello nazionale.
Settori globali: (petrolio, auto,…), sia il commercio che gli investimenti diretti sono egualmente importanti.
Implicazioni per la concorrenza: si ha un’intensificazione della concorrenza, soprattutto di prezzo. infatti, l’internazionalizzazione influisce sulla concorrenza in 3 modi: riducendo le barriere all’entrata, intensificando la rivalità tra imprese esistenti, accrescendo il potere d’acquisto degli acquirenti nel mercato nazionale.
NB! Le imprese riescono a competere meglio nei mercati esteri, perché è meno frequente trovare robuste barriere all’entrata.
L’internnazionalizzazione accresce inoltre la rivalità tra le imprese già esistenti nel settore, in 4 modi:
Riducendo la concentrazione dal lato dell’offerta: si riduce la concentrazione del singolo mercato, e allo stesso tempo la accresce a livello globale, ponendo gli attori nazionali a scelte di uscita dal mercato nazionale o di fusione.
Accrescendo la diversità dei concorrenti: l’ingresso di concorrenti stranieri ha modificato gli schemi di coordinamento dei costi, obiettivi, strategie.
Aumentando la capacità in eccesso: si ha un aumento della capacità produttiva attraverso l’investimento diretto. Se l’investimento diretto è destinato alla produzione di nuovi impianti, si verifica un aumento della capacità del settore senza un ampliamento delle dimensioni del mercato.
Accrescendo il potere contrattuale degli acquirenti: i grandi acquirenti possono esercitare il loro potere contrattuale con maggior efficacia. Per es, la globalizzazione degli approvvigionamenti è uno strumento fondamentale per la riduzione dei costi.
2. il vantaggio competitivo nel contesto internazionale.
Poiché per conseguire vantaggio competitivo dev’esserci una corrispondenza tra risorse/competenze dell’impresa e i fattori critici di successo, i settori internazionali differiscono da quelli nazionali nelle fonti del vantaggio competitivo. (fig. 14.2).
Teoria del vantaggio comparato: un paese gode di un vantaggio comparato nella produzione di quei beni la cui produzione richiede un uso intensivo delle risorse di cui il paese dispone in quantità più abbondante. L’espressione vantaggio comparato si riferisce all’efficienza relativa nella produzione di beni diversi. Quindi, fintanto che i tassi di cambio rimangono stabili, il vantaggio comparato si traduce in vantaggio competitivo.
La teoria ha sempre posto l’accento sul ruolo svolto dalle risorse naturali, manodopera e disponibilità di capitali nel determinare il vantaggio comparato. Tuttavia, le ricerche empiriche sottolineano la rilevanza delle risorse sviluppate internamente, tra cui la conoscenza (tecnologia, know-how…) e le risorse per commercializzare la conoscenza (reti comunicazione, trasporto…).
Vantaggio competitivo secondo Porter: 2 principi di base: 1. per analizzare la competitività a livello nazionale occorre concentrarsi sulla performance delle imprese; 2. affinché il vantaggio competitivo in un settore sia sostenibile è necessario che le nazioni abbiano un vantaggio dinamico (le imprese estendono il proprio vantaggio attraverso l’innovazione e il miglioramento). Fig 14.3.
In quest’analisi Porter mette in evidenza prima le risorse sviluppate internamente, e poi di quelle altamente specializzate. Inoltre i punti di forza di un paese sono associati a raggruppamenti di settori (v tessile:tintura più prod fibre sintetiche).
Per stabilire un vantaggio competitivo nei settori globali occorre che vi sia congruenza tra la strategia di business e le caratteristiche del vantaggio comparato del paese di riferimento. (v Inghilterra settore cortelleria).
3. vantaggio nazionale e localizzazione internazionale della produzione.
Per capire come le condizioni nazionali delle risorse influiscono sulle strategie di internazionalizzazione, dobbiamo esaminare due tipi di decisione strategica: relative alla localizzazione della produzione e alle modalità di entrata in un mercato straniero.
Le determinanti della localizzazione geografica.
Le decisioni sulla localizzazione della produzione devono tenere conto di tre fattori:
disponibilità di risorse a livello nazionale: se la disponibilità o il costo delle risorse variano da un paese all’altro, le imprese localizzano la produzione dove le condizioni sono più favorevoli.
Specificità del vantaggio competitivo: per le imprese il cui vantaggio competitivo è generato da risorse e competenze interne, la localizzazione dipende da dove questi vantaggi possono essere messi a frutto.
La trasferibilità dei beni: possibilità di localizzare la produzione lontano dal mercato di destinazione dipende dalla trasferibilità del prodotto.
Per una decisione di localizzazione occorre tener conto che l’offerta di qualunque bene o servizio è composta da una catena verticale di attività, le cui caratteristiche variano notevolmente. Quindi diversi paesi possono offrire vantaggi differenti in ogni stadio della catena del valore. Fig 15.4.
4. vantaggio nazionale e investimenti esteri.
Un’impresa entra in un mercato straniero perché lo ritiene redditizio, cioè sia che il mercato è attraente, sia che può conseguire un vantaggio competitivo rispetto ai produttori locali e alle multinazionali. Le opportunità che sfruttano sono molto simili alle opportunità di sfruttamento dell’innovazione (v cap 11), ma la differenza è che qui si utilizzano rapporti commerciali e non investimenti diretti, per superare le barriere all’entrata. Le opzioni che si presentano vanno dalle semplici transazioni, agli investimenti tramite joint venture. L’impresa deve valutare vantaggi e svantaggi di ognuna per scegliere. 5 insiemi di considerazioni:
il vantaggio competitivo è specifico all’azienda o piuttosto legato a risorse del paese ospitante? Se il vantaggio è legato al paese di origine, la soluzione migliore è l’esportazione di beni.
il prodotto è trasferibile? Se per via dei costi di trasporto o dei vincoli il prodotto non è trasferibile, bisogna investire direttamente in stabilimenti di produzione.
l’azienda possiede una gamma completa di risorse e competenze per stabilire un vantaggio competitivo? Se sì, soprattutto quelle di marketing, allora può competere nel mercato estero.
l’impresa può appropriarsi facilmente dei rendimenti delle proprie risorse? Ci possono essere paesi che creano problemi nella concessione di licenze di produzione.
qual è la natura dei costi di transazione? Per es starbucks trova più conveniente la gestione diretta dei caffè, mc donald’s preferisce il franchising.
Strategie alternative per produrre all’estero: finora abbiamo valutato le opportunità offerte dai mercati stranieri. Si può utilizzare la stessa analisi per la produzione all’estero, considerando 2 possibilità per esportare:
attraverso transazioni;
o investimenti diretti.
I motivi che generalmente spingono le multinazionali a produrre all’estero sono accedere alla manodopera a buon mercato (v nike) e accedere ai mercati esteri con una produzione locale (v starbucks). Le conseguenze della crescita del commercio estero sono:
joint venture: (accordo di collaborazione tra 2 o più imprese solo per uno specifico progetto, v fuji e xerox per le macchine fotocopiatrici) a volte si sono rivelate dei veri e propri fallimenti, hanno maggiori rischi di fallimento delle alleanze caratterizzate da un management indipendente. Ciò perché conciliare cooperazione e competizione richiede un’inusuale elasticità.
altre alleanze strategiche: caratterizzate, rispetto alle joint venture, da un management o da una parte più indipendente.
NB! Le alleanze internazionali devono essere considerate una forma di concorrenza: le parti traggono benefici l’una dall’altra, ma corrono anche rischi, che partono dalle seguenti condizioni:
gli obiettivi strategici del partner: ottica secondo cui la partnership è uno strumento per ottenere un predominio globale, nella strada per l’espansione.
l’appropriabilità del contenuto: capacità di ogni partner di comprendere e assimilare le competenze dell’altro dipende dalle risorse e competenze di ciascuno.
ricettività dell’impresa: tempestività nella capacità di capire cosa vuole ottenere dal suo partner, e dei benefici che vuole ottenere dalla partnership.
5. le strategie multinazionali tra globalizzazione e mercati locali.
L’internazionalizzazione, oltre ad essere un mezzo per estendere il vantaggio competitivo, e quindi ridurla ad una semplice estensione geografica, è anche una fonte di vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti che restano nel territorio nazionale.
Infatti le imprese che competono su scala nazionale sono molto vulnerabili nei cfr dei competitors globali, e spaventati riguardo a due fenomeni:
la globalizzazione delle preferenze dei consumatori: la preferenze nazionali stanno scomparendo sotto la spinta omogeneizzatrice della tecnologia, della comunicazione e della facilità di viaggiare..
le economie di scala: le imprese esternalizzate possono praticare economie di scala producendo prodotti standardizzati su scala globale, che imprese nazionali non possono eguagliare. Le economie di replicazione sono un tipo di economia di scala consistente in attività basate sulla conoscenza , incluse le competenze (v disneyworld o Mc Donald’s: i primi stabilimenti impiegarono decenni di costi, gli altri a una frazione del costo).
Economie di apprendimento: economie in cui è fondamentale una continua innovazione e apprendimento per avere o mantenere vantaggio competitivo. Bisogna quindi investire in ricerca.
Competere strategicamente: le imprese multinazionali giocano mosse strategiche e aggressive, tra cui sussidi incrociati (usano flussi di cassa di altri mercati, v fidaty oro esselunga, sostenendo le loro manovre competitive coi profitti di altri mercati), e le politiche di prezzo predatorie (tagliare i prezzi in modo da spingere i concorrenti fuori dal mercato.
La diversificazione locale: le multinazionali devono affrontare il problema della diversificazione locale, una volta che decidono di entrare in un mercato straniero, che coinvolge diversi fattori:
le preferenze dei consumatori;
leggi e regolamenti: sono di ostacolo alla globalizzazione, da parte del governo, in materia di caratteristiche di prodotto ma anche del modo di condurre l’impresa.
canali di distribuzione: differenze nelle modalità di distribuzione.
la presenza di paesi leader: ci sono paesi che più di altri accettano l’innovazione e sofisticazione, v giappone per i prodotti di consumo, usa per il fast food. È anche un indizio, per incoraggiare prima a entrare nel mercato principale, poi in quello globale.
dimensione culturale: gestione delle differenze culturali, ci si può trovare di fronte a una dimensione individualista/collettivista (USA, GB) o egualitaria/gerarchica.
6. storia delle multinazionali.
3 fasi:
- prima della prima guerra mondiale: federazioni multinazionali (ogni filiale nazionale godeva di indipendenza, a livello decisionale e operatività, anche se c’era una forte delega tra casa madre e filiali);
- dopo la seconda guerra mondiale: era delle multinazionali americane (Ford, IBM, Coca-Cola, erano leader incontrastati nel settore)
- anni ’70-’80: sfida giapponese (aveva unità nazionali fortemente accentrate, per questo era temuta).
Modello transnazionale: sistema per conciliare i vantaggi dell’integrazione globale con quelli della differenziazione locale. Costituisce una rete integrata di risorse e competenze diffuse ma interdipendenti. Caratteristiche:
ogni nazione è fonte di idee che possono essere messe a frutto dall’organizzazione;
le unità nazionali realizzano economie di scala a livello globale producendo per l’impresa particolari prodotti;
il centro deve avere un nuovo ruolo di coordinamento delle relazioni fra le varie unità nazionale e svolgerlo in maniera flessibile.
Infine, per bilanciare l’integrazione locale e la diversificazione globale, l’impresa deve adattarsi ai diversi requisiti di prodotti, funzioni e paesi diversi (per es Procter & Gamble: ha standardizzato globalmente prodotti come le Pringles, e differenziato localmente detersivi per il bucato o coloranti per capelli).
venerdì 10 aprile 2009
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